mercoledì 8 agosto 2012

5-6-7-8 agosto 2012 - Antonio Mastropietro

Ecco le foto dell'inaugurazione della mostra personale dedicata allo scomparso pittore-scultore Antonio Mastropietro.
Evento di grande impatto emotivo, notevole l'affluenza di amici, parenti, cittadini, appassionati d'arte e turisti. Accorsi al paese per la festa di San Donato, il patrono di questa piccola perla dei monti Alburni in provincia di Salerno.
Un grazie al Sindaco del paese e al Parroco, a Flavio e Enzo che hanno fatto tutto il lavoro duro e a Marcello.



martedì 7 agosto 2012

Il pranzo contronese

Ogni estate ci s'imbarcava in qualche maniera, verso sud. Negli anni i mezzi erano spesso cambiati. L'auto senza radio di papà, un furgoncino color panna che ci caricava tutti, qualche volta il treno. Raggiungere Controne, un semisconosciuto paesino tra i Monti Alburni, nel salernitano, era in ogni caso un'avventura. Per un periodo i miei non scesero più, così un anno io, lo zio Antonio e mia nonna salimmo su un interminabile intercity. Non era la prima volta per loro ma lo zio, professionista nell'arte dell'appisolamento, aveva già avuto cattive esperienze nei vagoni letto. Il suo russare fragoroso, instancabile, denso d'apnee, aveva, difatti, seminato il panico tra gli sventurati compagni di cuccetta. In quest'occasione la nostra preferenza si rivolse, pertanto, verso un semplice posto prenotato. Certo, lo zio Antonio, beato lui, dormiva ovunque e comunque. Controne era come tornare a casa. Tra quei monti era semplicemente "'o pittò". Dipingeva, mangiava e ronfava, quasi sempre nel raggio di una ventina di metri dal piccolo monolocale che avevamo ereditato dal nonno. Ci capitava, ogni tanto, anche qualche invito a pranzo da parenti o amici. I pranzi contronesi iniziano presto, verso mezzogiorno-mezzogiorno e mezzo e durano almeno un paio d'ore. Si sfora solo in occasione di festività come San Donato, patrono del paese, con la "pizza dolce", che giunge in tavola anche alle quattro del pomeriggio. La pizza dolce è una torta enorme, alta almeno trenta centimetri, con strati alternati di pan di spagna, crema semplice e al cioccolato. Glassata. Ma andiamo con ordine. Normalmente, un pranzo festivo contronese è costituito da tre-quattro portate. E' la quantità di cibo che è industriale. Per realizzare l'antipasto è necessaria una strage di maiali e mozzarelle a pioggia. Due o tre etti di pasta ognuno, inondati di sugo e pecorino. Piccantissimi. E tanta, tantissima carne. In particolare quando hai un altro zio macellaio. I pranzi contronesi sono il pasto unico della giornata, in controtendenza sui presunti cinque consigliati nelle diete moderne. A cena il contronese mangia poco. Formaggio, un paio di mozzarelle di bufala, qualche fetta tagliata grossa di prosciutto, l'immancabile assaggio di ciambottola, una specie di peperonata che galleggia nell'olio. Delicata. Fino a vent'anni reggevo quest'alimentazione tranquillamente. Non c'è da stupirsi se poi io fui costretto a continue diete e lo zio Antonio pagò pesantemente un affaticamento di tutto l'organismo, aggravato da un irrefrenabile passione per il fumo.

Mauro Malaspina (23 febbraio 2006)

Mostra di pittura e scultura

Nasce a Rovigo il 9 novembre 1948 da padre salernitano e madre leccese; le tre città saranno “al centro della sua vita artistica e personale, influenzandone notevolmente i risvolti e l’esito. Diplomatosi all’Istituto d’Arte Dosso Dossi di Ferrara nell’epoca della contestazione giovanile, Mastropietro rivela fin da subito un’indole contraria agli schemi e al consumismo che lo porta nei trent’anni successivi a vivere in totale sintonia con l’arte”. Nel 1972, nel sottotetto dell’antico palazzo Dazi, ha il suo studio dove dipinge e modella le sue opere in creta. Qualche anno dopo, al piano terra dello stesso palazzo, in pieno centro storico, in via X Luglio, apre il Circolo artistico “L’INCONTRO”: è una sala espositiva che riserva per le sue opere, ma è anche il luogo in cui si propongono molteplici artisti italiani più o meno fortunati, più o meno famosi. Poco interessato ai risvolti prettamente economici, ha faticato non poco per sopravvivere con l’arte e con gli artisti, tuttavia non disertò le rassegne di Bologna e di Padova, nelle quali campeggiava indiscussa la personalità unica nelle sculture, negli acquarelli e negli oli. Costretto, secondo la normativa, a darsi una connotazione fiscale, omise “circolo culturale”. L’INCONTRO divenne galleria con tanto di partita IVA e registratore di cassa. E seguì il decennio più fervido nella produzione e nel proporre artisti; triste dal punto di vista economico e nel totale disinteresse delle Amministrazioni locali. Mastropietro fu sempre estraneo agli intrighi politici ed il suo proporsi individuale, quasi anarchico, lo rese inviso a molti: “Rovigo mi ha chiuso le porte, mi sento solo” e, secondo la sua indole fiera e taciturna si è defilato inaspettatamente: 2 marzo 1996.
13 Sep 2007

O Pittò

...Spesso scendevamo (a Controne-SA)con mia nonna e mio zio Antonio, fratello di mia mamma morto molto giovane. Lui ci portava sempre con sé, eravamo i suoi unici nipoti. Faceva il pittore e aveva venti anni più di me. Era il nostro aggancio con il mondo dei più grandi e colui che ci strappava dalla noia delle vacanze condotte dai miei in quel posto.I miei erano molto sedentari, arrivati li non si muovevano mai dal paese se non per andare una volta a Pompei, in pellegrinaggio, e una volta a Paestum al mare.Io e Valerio (mio fratello più vecchio) grazie allo zio Antonio e ad un suo e anche nostro carissimo amico di laggiù, Marcello, giravamo sempre. Marcello chiamava mio zio Pittò (era un vero artista) e diceva sempre “che era nato a Lecce, viveva a Rovigo, e passava le vacanze a Controne”. Antonio e Marcello erano un po’ cane e gatto, per il paese e per gli amici erano come Gianni e Pinotto, Cochi e Renato, due comici insomma. Una bella coppia che aveva il talento di mantenere alto il morale della gente tanto che i paesani aspettavano ogni anno che questa coppia si riunisse.Eravano sempre insieme io e Marcello, tanto che dormivo spesso a casa sua e soprattutto ci mangiavo. Si girava in macchina,si andava in campagna, in montagna al mare. Quando avevamo bisogno era sempre disponibile, se stavamo male si offriva per darci aiuto. Insomma in quel paese eravamo proprio trattati bene.Mi ricordo una volta quando accompagnammo mio zio alla stazione, per far ritorno a casa (Antonio non aveva la patente e viaggiava molto in treno). Mentre il convoglio cominciava a muoversi e mio zio salutava dal finestrino, Marcello gli urlò:”Va, va pittò va a fanculo pittò” sembrava una scena tratta dal film “Amici miei”, quanto ridere abbiamo fatto.Ci piaceva molto stare con loro e con tutti gli altri: u maraschino, u condor, Mario la guardia, Nicola, Tonino, lo smazzato, u professore, la guardia, u guastatore e tutti gli altri.
26 Feb 2006 - scritto da: Eugenio Malaspina